50 anni dello Statuto dei lavoratori
20-05-2020 14:55 - Le nostre news
Il 20 maggio del 1970 la Camera dei Deputati votava l'ultimo passaggio legislativo per la legge 300. Senza ombra di dubbio l'avanzamento legislativo più importante del mondo del lavoro nell'era repubblicana. Ne parla Carlo Ghezzi (Fondazione Di Vittorio), in una attenta e puntuale riflessione.
"Cinquant'anni or sono, il 20 maggio del 1970, veniva approvata dal Parlamento la legge 300 che varava lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori. Una grande conquista civile e sociale, una pietra miliare nella storia del diritto del lavoro nel nostro paese ma anche un punto di approdo di straordinaria qualità nello scenario internazionale. Una scelta che attuava il dettame costituzionale del riconoscimento pieno della dignità del lavoratore e che faceva finalmente varcare alla Costituzione repubblicana i cancelli delle aziende.
La proposta di varare una legge che sostenesse i diritti dei lavoratori e l'agibilità delle organizzazioni sindacali nei luoghi di lavoro era stata avanzata da Giuseppe Di Vittorio sin dal 1952. La proposta in un primo tempo venne illustrata nel corso del congresso nazionale dei chimici, allora diretti dal giovane Luciano Lama, e fu successivamente approvata dal congresso confederale della Cgil che si tenne a Napoli.
Giuseppe Di Vittorio, che aveva proposto il Piano del Lavoro nel precedente congresso di Genova, completava in tal modo il progetto che la Cgil proponeva al paese affrontando congiuntamente il tema del lavoro e dello sviluppo economico come anche quello dei diritti dei lavoratori. La Cgil aveva ben compreso quale tipo di sviluppo si profilava per l'Italia; un miracolo economico caratterizzato da bassi salari, da pochi diritti e da uno scarno sistema di protezioni sociali.
E Di Vittorio sapeva che quando al lavoro non venisse riconosciuta la piena dignità, non fossero riconosciuti i diritti fondamentali, quando un lavoratore era licenziabile "ad nutum", cioè con il semplice gesto del dito di una mano, non era il lavoro su cui si fondava la Repubblica come diceva la nostra Costituzione, ma era un'altra cosa. Per questo propose l'approvazione di quello Statuto dei Diritti dei Lavoratori che, attraversando le vicende che conosciamo, diventerà legge dopo ben diciotto anni".
La proposta di varare una legge che sostenesse i diritti dei lavoratori e l'agibilità delle organizzazioni sindacali nei luoghi di lavoro era stata avanzata da Giuseppe Di Vittorio sin dal 1952. La proposta in un primo tempo venne illustrata nel corso del congresso nazionale dei chimici, allora diretti dal giovane Luciano Lama, e fu successivamente approvata dal congresso confederale della Cgil che si tenne a Napoli.
Giuseppe Di Vittorio, che aveva proposto il Piano del Lavoro nel precedente congresso di Genova, completava in tal modo il progetto che la Cgil proponeva al paese affrontando congiuntamente il tema del lavoro e dello sviluppo economico come anche quello dei diritti dei lavoratori. La Cgil aveva ben compreso quale tipo di sviluppo si profilava per l'Italia; un miracolo economico caratterizzato da bassi salari, da pochi diritti e da uno scarno sistema di protezioni sociali.
E Di Vittorio sapeva che quando al lavoro non venisse riconosciuta la piena dignità, non fossero riconosciuti i diritti fondamentali, quando un lavoratore era licenziabile "ad nutum", cioè con il semplice gesto del dito di una mano, non era il lavoro su cui si fondava la Repubblica come diceva la nostra Costituzione, ma era un'altra cosa. Per questo propose l'approvazione di quello Statuto dei Diritti dei Lavoratori che, attraversando le vicende che conosciamo, diventerà legge dopo ben diciotto anni".
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