SMART WORKIG: FACCIAMO CHIAREZZA
28-04-2020 12:46 - Le nostre news
Le misure di contenimento adottate dal Governo per contrastare la diffusione dell’ epide-mia da Covid-19, hanno comportato il ricorso forzato e obbligato per molte lavoratrici e lavoratori al cosiddetto smart working. Nel giro di poche settimane si è passati da 570.000 (dato di fine 2019) al doppio di “lavoratori agili” , con un trend in costante crescita. Si tratta di un cambiamento di comportamenti di lavoratori e imprese necessitato dal dover rispettare rigorosamente le norme di distanziamento sociale che segna però una cesura rispetto al passato e rappresenta una nuova modalità di organizzazione del lavoro, su cui siamo già chiamati a confrontarci.
L’attuale ricorso allo smart working, per altro previsto e incentivato dal DPCM 4/3/2020 e dal DL “Cura Italia, si caratterizza per aspetti di spinta deregolamentazione di un impianto normativo già di per se stesso non esente da criticità, e per problematiche che attengono prioritariamente alla prevenzione, salute e sicurezza, alla formazione, alla privacy e alla cosiddetta “cybersecurity”. Lo smart working trova la sua cornice di riferimento legislativa nella Legge 81/2017 dall’ar-ticolo 18 all’articolo 25.
Lo “smart working nella pandemia” appare improntato ad un “fai da te” che alla lunga potrebbe rivelarsi pericoloso. La prestazione lavorativa viene svolta in toto da casa, molte volte con strumenti informatici propri, mantenendo un legame intermittente e precario con l’abituale team e la sede di lavoro.
La chiusura di scuole, asili, e strutture per anziani ha comportato un aumento del lavoro di cura, soprattutto per le lavoratrici, che sono ora obbligate a trovare nuovi e complicati equilibri tra l’esigenza di continuare a lavorare, spesso condividendo ambienti, reti, tablet e pc e la gestione delle accresciute problematiche famigliari.
Le tutele del lavoratore anche in questa fase emergenziale non possono essere derogate:
L’attuale ricorso allo smart working, per altro previsto e incentivato dal DPCM 4/3/2020 e dal DL “Cura Italia, si caratterizza per aspetti di spinta deregolamentazione di un impianto normativo già di per se stesso non esente da criticità, e per problematiche che attengono prioritariamente alla prevenzione, salute e sicurezza, alla formazione, alla privacy e alla cosiddetta “cybersecurity”. Lo smart working trova la sua cornice di riferimento legislativa nella Legge 81/2017 dall’ar-ticolo 18 all’articolo 25.
Lo “smart working nella pandemia” appare improntato ad un “fai da te” che alla lunga potrebbe rivelarsi pericoloso. La prestazione lavorativa viene svolta in toto da casa, molte volte con strumenti informatici propri, mantenendo un legame intermittente e precario con l’abituale team e la sede di lavoro.
La chiusura di scuole, asili, e strutture per anziani ha comportato un aumento del lavoro di cura, soprattutto per le lavoratrici, che sono ora obbligate a trovare nuovi e complicati equilibri tra l’esigenza di continuare a lavorare, spesso condividendo ambienti, reti, tablet e pc e la gestione delle accresciute problematiche famigliari.
Le tutele del lavoratore anche in questa fase emergenziale non possono essere derogate:
- Il diritto alla disconnessione;
- Condizioni di lavoro adeguate;
- Dotazioni informatiche aziendali o del lavoratore se d’accordo;
- Formazione e certificazione delle competenze.
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