DUNPING CONTRATTUALE: corsa al ribasso dei diritti e dei salari dei lavoratori
27-01-2022 08:53 - Le nostre news
Il dumping contrattuale riassume tutte quelle pratiche attraverso le quali un’azienda cerca di abbassare il costo del lavoro, ricorrendo a forme contrattuali sempre più economiche.
Non c’è solo il dumping di chi, per tagliare il costo del lavoro, sposta una fabbrica all'estero, dove i salari sono molto più bassi. In realtà c’è un metodo collaudato e sempre più diffuso per chi vuole pagare meno i lavoratori: ci si mette d’accordo con un sindacato compiacente, poco rappresentativo, si sigla un contratto collettivo di lavoro, lo si deposita al Cnel, ed è fatta.
Negli ultimi anni la contrattazione collettiva è esplosa, con una crescita del 100%: se nel 2012 i contratti nazionali erano ancora 550, nella rilevazione del Cnel del novembre 2021 erano arrivati a 933, 77 in più dell’anno precedente. Le conseguenze? Differenze salariali che possono arrivare fino a 500 euro mensili su stipendi medio-bassi e diritti compressi, dalla malattia retribuita alla contribuzione previdenziale.
In un solo anno i contratti del terziario, distribuzione e servizi sono passati da 213 a 235, quelli del lavoro domestico da 23 a 28, i chimici in un anno sono passati da 21 a 29 contratti, nei trasporti si è passati da 64 a 73 senza dimenticare il settore tessile che con la frammentazione della filiera di produzione è difficile avere la percezione di quanti sotto-contratti nazionali vengono applicati ai lavoratori. O come in quello delle lavanderie industriali dove si assiste alla diffusione dei più svariati ccnl delle cooperative e dove è attualmente in corso un intervento che vede il coinvolgimento dell'ispettorato nazionale del lavoro per contrastare questo di irregolarità.
Difficile trova un settore che non sia colpito da questo fenomeno!
Con il dumping contrattuale il lavoratore rischia di avere una forte sperequazione sia retributiva che dei diritti. Il rischio è che settori massacrati dalla crisi causata dal Covid, ci possa essere una forte tentazione di passare a “contratti nazionali alternativi”, o che comunque l’esistenza di condizioni così sfavorevoli nel mercato possa innescare una gara al ribasso e un sistema di ricatto nei confronti dei lavoratori più deboli.
Il dumping contrattuale non colpisce solo la parte salariale di uno stipendia ma anche i diritti. Per esempio il riconoscimento della retribuzione durante la malattia o la sostituzione durante lo sciopero.
La battaglia che il sindacato e la FILCTEM CGIL sta facendo in questi anni è quella di evitare la corsa al contratto più conveniente e garantire le medesime condizioni a tutti i lavoratori.
Uguali trattamenti economici e normativi a tutti i lavoratori dello stesso settore. Per realizzare questo obiettivo è necessaria l’applicazione, da parte di tutte le aziende del settore, del contratto collettivo nazionale sottoscritto dai sindacati più rappresentativi.
Non c’è solo il dumping di chi, per tagliare il costo del lavoro, sposta una fabbrica all'estero, dove i salari sono molto più bassi. In realtà c’è un metodo collaudato e sempre più diffuso per chi vuole pagare meno i lavoratori: ci si mette d’accordo con un sindacato compiacente, poco rappresentativo, si sigla un contratto collettivo di lavoro, lo si deposita al Cnel, ed è fatta.
Negli ultimi anni la contrattazione collettiva è esplosa, con una crescita del 100%: se nel 2012 i contratti nazionali erano ancora 550, nella rilevazione del Cnel del novembre 2021 erano arrivati a 933, 77 in più dell’anno precedente. Le conseguenze? Differenze salariali che possono arrivare fino a 500 euro mensili su stipendi medio-bassi e diritti compressi, dalla malattia retribuita alla contribuzione previdenziale.
In un solo anno i contratti del terziario, distribuzione e servizi sono passati da 213 a 235, quelli del lavoro domestico da 23 a 28, i chimici in un anno sono passati da 21 a 29 contratti, nei trasporti si è passati da 64 a 73 senza dimenticare il settore tessile che con la frammentazione della filiera di produzione è difficile avere la percezione di quanti sotto-contratti nazionali vengono applicati ai lavoratori. O come in quello delle lavanderie industriali dove si assiste alla diffusione dei più svariati ccnl delle cooperative e dove è attualmente in corso un intervento che vede il coinvolgimento dell'ispettorato nazionale del lavoro per contrastare questo di irregolarità.
Difficile trova un settore che non sia colpito da questo fenomeno!
Con il dumping contrattuale il lavoratore rischia di avere una forte sperequazione sia retributiva che dei diritti. Il rischio è che settori massacrati dalla crisi causata dal Covid, ci possa essere una forte tentazione di passare a “contratti nazionali alternativi”, o che comunque l’esistenza di condizioni così sfavorevoli nel mercato possa innescare una gara al ribasso e un sistema di ricatto nei confronti dei lavoratori più deboli.
Il dumping contrattuale non colpisce solo la parte salariale di uno stipendia ma anche i diritti. Per esempio il riconoscimento della retribuzione durante la malattia o la sostituzione durante lo sciopero.
La battaglia che il sindacato e la FILCTEM CGIL sta facendo in questi anni è quella di evitare la corsa al contratto più conveniente e garantire le medesime condizioni a tutti i lavoratori.
Uguali trattamenti economici e normativi a tutti i lavoratori dello stesso settore. Per realizzare questo obiettivo è necessaria l’applicazione, da parte di tutte le aziende del settore, del contratto collettivo nazionale sottoscritto dai sindacati più rappresentativi.
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