Perchè aderire ad un fondo pensione negoziale
09-09-2024 16:27 - Le nostre news
Lavoro povero e crisi demografica rappresentano una vera e propria bomba a orologeria per il sistema previdenziale italiano e per il futuro pensionistico di intere generazioni. Ecco perché il rafforzamento della previdenza complementare – rispetto alla quale l’Italia è indietro nelle adesioni nel confronto con altri Paesi europei – è importantissimo per garantire loro un futuro pensionistico dignitoso.
È importante ricordare che il nostro sistema previdenziale pubblico è a ripartizione: le pensioni attualmente erogate vengono pagate utilizzando i contributi versati dai lavoratori in attività.
Con il passaggio al sistema contributivo il valore dell’assegno pensionistico è legato alle retribuzioni percepite nell’arco dell’intera vita lavorativa e se il lavoro diventa sempre più povero e precario il risultato negativo in termini pensionistici è scontato.
Per poter funzionare in modo efficiente, questo meccanismo richiede crescita economica e crescita demografica, che nel nostro Paese sono in forte contrazione. Il tutto con effetti pesanti sul tasso di sostituzione, cioè sul rapporto percentuale tra l’ultimo stipendio percepito dal lavoratore e il suo primo assegno da pensionato. Per questo servirebbero interventi che rendano il sistema più equo e sostenibile e, in ogni caso, non usare la previdenza per fare cassa.
Da qui l’importanza di una pensione complementare che, aderendo ad un fondo pensione negoziale, rappresenta una scelta strategica per garantire un futuro pensionistico dignitoso e tutelare il proprio tenore di vita anche in età avanzata
Per questo motivo la Cgil chiede con forza di rilanciare le adesioni alla previdenza complementare negoziale, rendendola effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani, attraverso la promozione di una campagna informativa istituzionale specifica, come fatto nel 2007.
In Italia la partecipazione complessiva alla previdenza complementare è particolarmente bassa rispetto ad altri Paesi europei: solo il 36,2% dei lavoratori italiani, contro l'84% in Germania e il 93% nei Paesi Bassi. Aderire a una forma di previdenza complementare conviene. I contributi versati al fondo pensione sono infatti deducibili dal reddito imponibile fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno, e anche la tassazione delle prestazioni è vantaggiosa, andando dal 15 al 9% in relazione al numero di anni di adesione ai fondi. Gli strumenti finanziari in cui vengono investiti i contributi raccolti possono nel lungo periodo offrire rendimenti superiori rispetto al Tfr o ad altre forme di risparmio.
Sono varie le forme che la normativa prevede per la previdenza complementare. Per la Cgil è di gran lunga più conveniente e sicuro, scegliere i fondi negoziali, quelli cioè regolati nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Innanzitutto perché in questo caso il datore di lavoro è tenuto a versare un contributo al fondo pensione del dipendente. Cosa che non avviene per i fondi aperti e i piani individuali pensionistici, gestiti da società di gestione del risparmio, banche, assicurazioni, anche se c’è chi spinge per rendere “portabile” il contributo datoriale anche verso queste forme aperte.
Con stipendi bassi e precarietà gli assegni delle pensioni sono e saranno sempre più magri, per questo diventa quasi necessario aderire ad un fondo integrativo per non vedere ridotto drasticamente il prorpio potere d’acquisto quando si andrà in pensione. Ma per una pensione giusta questo non basta, bisogna superare la Fornero e intervenire sul mercato del lavoro.
È importante ricordare che il nostro sistema previdenziale pubblico è a ripartizione: le pensioni attualmente erogate vengono pagate utilizzando i contributi versati dai lavoratori in attività.
Con il passaggio al sistema contributivo il valore dell’assegno pensionistico è legato alle retribuzioni percepite nell’arco dell’intera vita lavorativa e se il lavoro diventa sempre più povero e precario il risultato negativo in termini pensionistici è scontato.
Per poter funzionare in modo efficiente, questo meccanismo richiede crescita economica e crescita demografica, che nel nostro Paese sono in forte contrazione. Il tutto con effetti pesanti sul tasso di sostituzione, cioè sul rapporto percentuale tra l’ultimo stipendio percepito dal lavoratore e il suo primo assegno da pensionato. Per questo servirebbero interventi che rendano il sistema più equo e sostenibile e, in ogni caso, non usare la previdenza per fare cassa.
Da qui l’importanza di una pensione complementare che, aderendo ad un fondo pensione negoziale, rappresenta una scelta strategica per garantire un futuro pensionistico dignitoso e tutelare il proprio tenore di vita anche in età avanzata
Per questo motivo la Cgil chiede con forza di rilanciare le adesioni alla previdenza complementare negoziale, rendendola effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani, attraverso la promozione di una campagna informativa istituzionale specifica, come fatto nel 2007.
In Italia la partecipazione complessiva alla previdenza complementare è particolarmente bassa rispetto ad altri Paesi europei: solo il 36,2% dei lavoratori italiani, contro l'84% in Germania e il 93% nei Paesi Bassi. Aderire a una forma di previdenza complementare conviene. I contributi versati al fondo pensione sono infatti deducibili dal reddito imponibile fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno, e anche la tassazione delle prestazioni è vantaggiosa, andando dal 15 al 9% in relazione al numero di anni di adesione ai fondi. Gli strumenti finanziari in cui vengono investiti i contributi raccolti possono nel lungo periodo offrire rendimenti superiori rispetto al Tfr o ad altre forme di risparmio.
Sono varie le forme che la normativa prevede per la previdenza complementare. Per la Cgil è di gran lunga più conveniente e sicuro, scegliere i fondi negoziali, quelli cioè regolati nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Innanzitutto perché in questo caso il datore di lavoro è tenuto a versare un contributo al fondo pensione del dipendente. Cosa che non avviene per i fondi aperti e i piani individuali pensionistici, gestiti da società di gestione del risparmio, banche, assicurazioni, anche se c’è chi spinge per rendere “portabile” il contributo datoriale anche verso queste forme aperte.
Con stipendi bassi e precarietà gli assegni delle pensioni sono e saranno sempre più magri, per questo diventa quasi necessario aderire ad un fondo integrativo per non vedere ridotto drasticamente il prorpio potere d’acquisto quando si andrà in pensione. Ma per una pensione giusta questo non basta, bisogna superare la Fornero e intervenire sul mercato del lavoro.
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