Strage deposito ENI - Intervista Seg Gen FILCTEM CGIL Marco Falcinelli
11-12-2024 09:58 - Le nostre news
"Non potremo definirci un Paese civile fino a quando non sconfiggeremo la piaga delle morti sul lavoro. La mobilitazione deve servire a scuotere le coscienze. Siamo in attesa di capire esattamente la dinamica di quanto accaduto e speriamo che la magistratura faccia presto: non solo noi ma le famiglie delle vittime e dei feriti meritano risposte celeri, per la loro dignità e per il rispetto dei cari che hanno perduto”. Così il segretario generale della Filctem Cgil, Marco Falcinelli, all’indomani della strage di Calenzano. L’ennesima tragedia sul lavoro, con la terribile esplosione al deposito dell’Eni che ha ucciso 5 lavoratori. La prima reazione - commenta il sindacalista - è stata di sgomento e di sdegno per l’ennesima strage sul lavoro. Tre morti al giorno, veramente non ne possiamo più. Non potremo definirci un Paese civile fino a quando non sconfiggeremo questa piaga”.
Nel passato alcuni allarmi sulla pericolosità oggettiva del sito c’erano stati, penso ad esempio a quello di Medicina Democratica di qualche anno fa. Da quello che vi risulta erano giustificati? Avrebbero dovuto produrre una maggiore attenzione?
In certe attività la pericolosità è intrinseca alla prestazione che si svolge. Per questo motivo l’attenzione deve essere sempre massima e la formazione delle persone nell’utilizzo dei dispositivi di sicurezza è una delle priorità delle attività di controllo che svolgono i nostri delegati. Se questo non è stato sufficiente, in questa come in tante altre occasioni, la responsabilità va cercata nelle procedure aziendali. Qualcosa non ha funzionato e non accetteremo scarichi di responsabilità sui lavoratori.
Qual è la situazione della sicurezza nel settore chimico e in particolare nei siti Eni?
Il settore chimico è tra quelli con standard di sicurezza più elevati. E non da ora: dal 1976, dopo l’incidente di Seveso, le procedure di sicurezza su salute e ambiente hanno fatto costantemente passi in avanti. Il contratto nazionale della chimica del 1978 anticipò i contenuti della direttiva europea sulla materia del 1982 che fu recepita nel nostro Paese nel 1988. Dieci anni dopo che come sindacato definimmo norme vincolanti nel contratto nazionale. Grazie anche al nostro lavoro questo settore ha il numero più basso di infortuni di tutti gli altri settori industriali, e non solo. Lo confermano i dati, presentati pochi giorni fa, da noi insieme a Federchimica contenuti nel ventesimo rapporto annuale di Responsible Care, un programma di adesione volontaria delle imprese del settore che le obbliga e le vincola al rispetto di standard europei sulla sicurezza. Sono pochissime le aziende che non hanno aderito pur essendo un programma volontario. L’Eni è nel programma da sempre.
Ieri nel tuo comunicato hai scritto che sulla sicurezza bisogna fare di più e tra l’altro il tema è stato al centro anche dello sciopero generale del 29 novembre. Quali sono per le cose urgenti su cui il governo dovrebbe impegnarsi?
Occorre intensificare i controlli e prevedere sanzioni esemplari per le imprese che non applicano le procedure di sicurezza. Occorre assumere migliaia di ispettori: se, banalmente, incrociamo i dati tra il numero di imprese da controllare e il numero di ispettori oggi presenti, un’azienda può ricevere un’ispezione ogni sedici anni. Direi che è inaccettabile. Il terreno di coltura ideale per fatti come quello di ieri. Il governo si occupi di questa “sicurezza” invece di fare decreti per limitare la libertà delle persone di manifestare.
Da quello che si legge, il decreto correttivo al codice degli appalti dovrebbe incidere negativamente anche sulla sicurezza. Condividi questo giudizio?
Certo che incide negativamente. Negare il principio della rappresentanza per chi firma i contratti nazionali significa aprire ai contratti pirata e abbassare i diritti e le tutele dei lavoratori, oltre che consegnarli nelle mani di aziende che fanno del principio dello sfruttamento delle persone la loro ragione di esistere. Precarietà, salari da fame e diritti inesistenti sono direttamente proporzionali agli incidenti sul lavoro. Non è un caso che la maggior parte degli incidenti riguarda i lavoratori degli appalti e dei subappalti, i più esposti a condizioni di lavoro spesso estreme e sotto il ricatto della continua riduzione dei costi da parte delle imprese.
Oggi si svolge una grande manifestazione e lo sciopero provinciale. La strage di Calenzano ha scosso un intero territorio. Quanto è importante una mobilitazione e una risposta dal basso dopo una tragedia di questa portata?
Lo sciopero sarà provinciale e regionale, in tutta la Toscana. La mobilitazione in questi casi non solo è doverosa ma deve servire a scuotere le coscienze: uscire di casa al mattino per andare al lavoro e non rientrare la sera non dovrà più essere una eventualità possibile. Il lavoro serve per vivere, non per morire. Il governo ascolti il pianto di quelle famiglie e agisca. La smettano di raccontare un Paese che non esiste e di fare propaganda.
Nel passato alcuni allarmi sulla pericolosità oggettiva del sito c’erano stati, penso ad esempio a quello di Medicina Democratica di qualche anno fa. Da quello che vi risulta erano giustificati? Avrebbero dovuto produrre una maggiore attenzione?
In certe attività la pericolosità è intrinseca alla prestazione che si svolge. Per questo motivo l’attenzione deve essere sempre massima e la formazione delle persone nell’utilizzo dei dispositivi di sicurezza è una delle priorità delle attività di controllo che svolgono i nostri delegati. Se questo non è stato sufficiente, in questa come in tante altre occasioni, la responsabilità va cercata nelle procedure aziendali. Qualcosa non ha funzionato e non accetteremo scarichi di responsabilità sui lavoratori.
Qual è la situazione della sicurezza nel settore chimico e in particolare nei siti Eni?
Il settore chimico è tra quelli con standard di sicurezza più elevati. E non da ora: dal 1976, dopo l’incidente di Seveso, le procedure di sicurezza su salute e ambiente hanno fatto costantemente passi in avanti. Il contratto nazionale della chimica del 1978 anticipò i contenuti della direttiva europea sulla materia del 1982 che fu recepita nel nostro Paese nel 1988. Dieci anni dopo che come sindacato definimmo norme vincolanti nel contratto nazionale. Grazie anche al nostro lavoro questo settore ha il numero più basso di infortuni di tutti gli altri settori industriali, e non solo. Lo confermano i dati, presentati pochi giorni fa, da noi insieme a Federchimica contenuti nel ventesimo rapporto annuale di Responsible Care, un programma di adesione volontaria delle imprese del settore che le obbliga e le vincola al rispetto di standard europei sulla sicurezza. Sono pochissime le aziende che non hanno aderito pur essendo un programma volontario. L’Eni è nel programma da sempre.
Ieri nel tuo comunicato hai scritto che sulla sicurezza bisogna fare di più e tra l’altro il tema è stato al centro anche dello sciopero generale del 29 novembre. Quali sono per le cose urgenti su cui il governo dovrebbe impegnarsi?
Occorre intensificare i controlli e prevedere sanzioni esemplari per le imprese che non applicano le procedure di sicurezza. Occorre assumere migliaia di ispettori: se, banalmente, incrociamo i dati tra il numero di imprese da controllare e il numero di ispettori oggi presenti, un’azienda può ricevere un’ispezione ogni sedici anni. Direi che è inaccettabile. Il terreno di coltura ideale per fatti come quello di ieri. Il governo si occupi di questa “sicurezza” invece di fare decreti per limitare la libertà delle persone di manifestare.
Da quello che si legge, il decreto correttivo al codice degli appalti dovrebbe incidere negativamente anche sulla sicurezza. Condividi questo giudizio?
Certo che incide negativamente. Negare il principio della rappresentanza per chi firma i contratti nazionali significa aprire ai contratti pirata e abbassare i diritti e le tutele dei lavoratori, oltre che consegnarli nelle mani di aziende che fanno del principio dello sfruttamento delle persone la loro ragione di esistere. Precarietà, salari da fame e diritti inesistenti sono direttamente proporzionali agli incidenti sul lavoro. Non è un caso che la maggior parte degli incidenti riguarda i lavoratori degli appalti e dei subappalti, i più esposti a condizioni di lavoro spesso estreme e sotto il ricatto della continua riduzione dei costi da parte delle imprese.
Oggi si svolge una grande manifestazione e lo sciopero provinciale. La strage di Calenzano ha scosso un intero territorio. Quanto è importante una mobilitazione e una risposta dal basso dopo una tragedia di questa portata?
Lo sciopero sarà provinciale e regionale, in tutta la Toscana. La mobilitazione in questi casi non solo è doverosa ma deve servire a scuotere le coscienze: uscire di casa al mattino per andare al lavoro e non rientrare la sera non dovrà più essere una eventualità possibile. Il lavoro serve per vivere, non per morire. Il governo ascolti il pianto di quelle famiglie e agisca. La smettano di raccontare un Paese che non esiste e di fare propaganda.
[]
[]
[]
[]